Il mercato in città: quando nacque, com’era fatto, dove si sviluppava un tempo

È il 20 Novembre del 1562 quando il duca di Savoia Emanuele Filiberto, in risposta a una supplica della città, dichiara: «… che sia in libertà della Comunità di Fossano di tramudar il loro mercato dal giobia al mercori ò altro giorno secondo che meglio li parerà», purché, come annota a margine, la concessione «… non sij in pregiudicio delle terre vicine sue suddite».

Si tratta dunque della prima attestazione della plurisecolare tradizione del mercato a metà settimana e non più al giovedì come fino ad allora pare si facesse.

A un decennio dall’elevazione a rango di “Città” gli amministratori decidono di darsi delle regole puntuali.

Nel 1578 infatti un testo di ventun capitoli raccoglie le norme e condensa i principi su come dovrebbe svolgersi il mercato.

Emerge sopra ogni altro aspetto la volontà protezionistica di Fossano.

Si vieta ai contadini e agli allevatori del territorio di esportare «alcuna sorte di grani, uve, vini, maraschi (ciliege), canapa, formaggi, volatili e animali di quattro piedi, pesci, biave, ova (uova), ogni sorte de latticinij, fieni, paglie, boschi (legna), giandi (ghiande), olii et ogni altra sorte di frutti, animali o beni tolti nella città o nel finaggio, eccetto che vi siano stati comprati nel giorno del mercato, che è il Mercori (mercoledì)».

L’intenzione di potenziare la produzione e la vendita locale è evidente, tanto che ai forestieri viene consentito il commercio o l’acquisto purché si presentino dai “Conservatori del mercato” sia prima di esporre la propria merce sia dopo averla comprata per attestare l’effettiva transazione.

L’unica eccezione al giorno del mercato è riservato ai mulattieri di Genova di passaggio in città: loro possono vendere o compare anche negli altri giorni, previa la consueta dichiarazione ai conservatori.

A questi ufficiali si è obbligati pure di dichiarare le proprie merci due giorni prima del mercato, qualora provengano da fuori, per ragioni igieniche e sanitarie.

I forestieri comunque sono tutelati: nessun ambulante del posto può impedirne l’attività commerciale, e men che meno sarà lecito arrestare o confiscare loro la merce o gli animali da soma usati per il trasporto dei propri beni in vendita o comprati al mercato.

Tra le norme è meritoria la volontà d’incentivare le novità artigianali sconosciute sul posto, esonerando dalle tasse per un decennio coloro che ne promuoveranno l’arte:

«Occorrendo che cittadino forastiere o habitante introduca nella città alcuna nuova arte, ò sia essercitio di far panni di lana, seda, bambaso, berrette, o altri simili lavori quali al presente non si fanno in Fossano, che questo introduttore per anni dieci immediatamente seguenti doppo che havrà introdutto detta nuova arte, sia libero et essente da ogni carigo personale imposto o che s’imporrà… e sì ordinario che estraordinario».

Come si svolge il mercato a fine Cinquecento

Innanzitutto ai venditori corre l’obbligo di portare i propri pesi e misure, in particolare le bilance, ai conservatori, deputati per controllare che gli strumenti siano registrati secondo i parametri in vigore, e che quindi non avvengano “spiacevoli incidenti” relativi alla quantità di merce venduta. Vietato barare, insomma.

Dopodiché ci si presenta in loco: ogni venditore deve garantire la presenza sul posto, fino almeno a mezzogiorno, mandando anche soltanto un garzone a occupare il luogo deputato, con le corrispondenti merci in esposizione.

Il mercato non può iniziare «sin che sia levata l’insegna qual si rimetterà alla casa del Comune», ovvero fino a quando una bandiera verrà issata sul Palazzo di Città.

In quel periodo era contemplata altresì la precedenza, a rotazione, dei venditori del territorio:

«… il terzero del Salice, insieme con tutte le cassine situate dalla Via Levata, prendendo a man destra andando verso Savigliano, et indi continuando per le contrade di Cussani, la Prà, Famolasco, Piano, Campo di Pratio, Boschetti, sin al fiume Stura, et d’indi sino alle fini di Bene e della Trinità e Santo Albano, e Salmour, e alle fini di Savigliano, Marene, Cervere… incluse le case di Genola per la parte spettante a Fossano, sarà assignato il primo mercato di ogni mese. Et per il secondo mercato d’ogni mese hanno assignato il terzero dil Romanisio (n.d.a. Borgo Piazza oggi), insieme con tutte le cassine dalla Via qual si va a San Sebastiano della Communia et d’indi verso Cuneo nelle regioni di Rivalonga, Priaso, Ronchi, Bastia sin al fiume di Stura e fini di Centallo… Et per il terzo mercato d’ogni mese hanno assignato il terzero dil Borgovecchio con tutte le cassine situate nelle vie detta di Romanisio per la qual si va al Gerbo et a San Vittore, prendendo a man destra andando verso Villafalletto, sin alla Via Levata (n.d.a. odierne frazioni di Baligio e San Martino)… et per il quarto mercato d’ogni mese hanno assignato li borghi o sij airali di Fossano con tutte le cassine dalla suddetta via di San Sebastiano et Conio, prendendola a man destra andando da Fossano verso Conio sino alla via detta di Romanisio (n.d.a. oggi zona di San Defendente), prendendola a man sinistra andando da Fossano verso Villafaletto (n.d.a. attuali Gerbo, San Vittore) intendendo incluse le cassine della Maddalena e de Sansoldi (oggi Piovani)…».

Tutto pacifico, se non fosse che le penali riservate ai forestieri non piacquero all’Avvocato fiscale, il quale ricorse al Senato, che provvide a far modificare alcuni capitoli che ledevano gli interessi del patrimonio ducale.

Il mercato fossanese fino alla fine dell’Ottocento

Sorprende scorrere le liste delle merci in vendita nei secoli passati; le disposizioni erano minuziose e dettagliate, come in questo manifesto settecentesco, relativo ai bandi politici e campestri, la cui “lunghezza” rende piuttosto bene l’idea della quantità di regole e norme:

Per comprendere però quali e quante attività caratterizzassero il mercoledì fossanese ci si può affidare a un provvedimento della Giunta Municipale dell’ultimo decennio dell’Ottocento, con il quale si delibera la collocazione delle tipologie esposte:

bozzoli: i due lati di Via Roma compresi tra le Vie Celebrini della Predosa e il baluardo del Salice e Ricrosio a quella dell’Ospizio, estendibile agli isolati prospicenti su Via Roma nei periodi di maggior affluenza;

verdure: piazzale avanti la casa Cerruti da un lato ed avanti le case Rossi e Carassi dall’altro lato della Via Roma – Via Ospedale dei Cronici ed Ospizio;

di ferramenta, ferravecchi, attrezzi rurali, oggetti di legno lavorato, calderai, coperte di lana: discesa (n.d.a. odierna Via Marconi) e piazza Romanisio;

dei cereali, biade, trifoglio e legumi: Via Roma e del Peso Pubblico o Merlo di fronte all’isolato 29 (n.d.a. odierna Via Merlo e Piazza dei Battuti bianchi);

cappelli, lana filata e simili: Via Roma, isolato 36 – case Dominici, Dompè, Marchesa e Bava – (oggi tra Via Mazzini e Via Muratori);

stoffe, biancheria, abiti fatti, maglierie, chincaglierie e nastri: Via Roma tra Via Barotti e Via Mazzini da un lato, e tra Via Garibaldi e Via delle scuole (attuale Via Dante) dall’altra;

delle foglie di gelsi: Via Roma, tra la Via Garibaldi alla Piazza del Salice da un lato e tra la Via Barotti al Baluardo del Salice dall’altro lato. Si sposta in piazza del Salice quando s’intensifica quello dei bozzoli;

della foglie di meliga, dei vimini e delle piante: Piazza del Salice e Viale di Piazza d’armi laterale alla casa penale;

di maiolica, vetri e simili, fazzoletti, percalli, chincaglierie diverse e tela: Piazza del Palazzo di città di fronte al Campanile della Cattedrale (nb. non è un caso che non sia definito torre civica), Via Garibaldi sino al vicolo del duomo per i due lati;

della frutta, funghi, generi di Riviera, pesci dolci e salati: Piazza del Palazzo di città di fronte alle case Gerbaldi, Fumero e fratelli Tesauro e di fronte al Campanile della Cattedrale;

di calzature e zoccolai: Via Roma, a partire dalla Via Ricrosio fino all’angolo della casa Gerbaldi sulla Piazza del Palazzo di città;

delle sementi di ortaglie: Via Roma, da Via Barotti a Via Orfanotrofio;

di formaggio e burro: Via Roma, dalla Via dell’Ospedale dei cornici a quella Orfanotrofio da un lato, e dall’altro lato dalla Via Ospizio a quella Ricrosio;

delle uova e del pollame: Via Garibaldi e piazzetta di San Filippo, dalla Via Bava fino alla Via Boetti;

della canapa: Via roma, dalla Via dell’Ospedale dei cronici alla Via della Predosa da un lato, e dalla Via Ospizio fino a quella Ricrosio dall’altro lato.

Un mercato dunque variegato, che lambiva anche vie e piazze attigue del centro storico, e che nella sua peculiarità testimonia di usanze ormai del tutto anacronistiche: le foglie di meliga, con le quali si facevano i materassi; o i bozzoli e il gelso, legati alla coltivazione dei bachi da seta; oppure la canapa, caratteristica del territorio.

La collocazione dell’antica toponomastica a fianco dell’attuale, all’angolo delle vie cittadine, aiuterà a localizzare la disposizione dei banchi per chi vorrà viaggiare con l’immaginazione nei secoli addietro.

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