Le “piccole italiane” di Fossano in vacanza

La beneficenza che quale rugiada scenderà sulla più verde giovinezza fossanese si tramuterà in benedizioni e in auspici che Dio raccoglierà per la vita e per la gloria dei nostri amatissimi Sovrani…

Così si concludeva il verbale del Consiglio di Amministrazione della Cassa di Risparmio di Fossano del 7 aprile 1925, allorché sotto la presidenza dell’avvocato Melchiorre Majocchi fu approvata la fondazione dell’Opera di assistenza per bambini bisognosi, intitolata ai sovrani Vittorio e Elena di Savoia, e dotata di un fondo di 50.000 lire.

L’occasione fu la fausta ricorrenza del 25° anniversario di regno del re Vittorio Emanuele III, da celebrarsi con un’iniziativa che avesse un riscontro concreto a beneficio della popolazione. Uno scopo socio-assistenziale, diremmo oggi.

Poco più di un mese dopo anche il Consiglio comunale verserà 10.000 lire per concorrere nell’impresa. Nello stesso anno s’inviò una prima colonia di bambine a Frabosa, accompagnate su “un mezzo” dell’Unione Sportiva Fossanese, in un tragitto quasi di certo inconsueto per le piccole fossanesi!

1925, il primo anno della colonia femminile a Frabosa

Frabosa Soprana: la meta alpina per le bambine

L’11 settembre dello stesso anno la Cassa di Risparmio acquistò una casa proprio a Frabosa Soprana, che fece rimettere a nuovo fin dalla primavera successiva per poterne usufruire nell’estate.

L’anno dopo, sotto la direzione di Antonio Delfino e con l’assistenza delle suore domenicane, la colonia femminile ospitò il considerevole numero di settantanove bambine di Fossano e di trenta figlie d’emigrati in Francia.

Alla fine del 1927 la Cassa di Risparmio propose la cessione della colonia al Comitato fossanese di Patronato ma dall’Opera Nazionale Protezione Maternità ed Infanzia la risposta per l’assenso fu del tutto negativa.

I costi di gestione assai elevati ricevettero però una boccata d’ossigeno grazie a una nuova opportunità di raccolta fondi, a cavallo tra il 1929 e il 1930.

Il matrimonio del principe di Piemonte

L’annuncio delle nozze tra Umberto di Savoia con Maria del Belgio destò monarchici entusiasmi, ma in conseguenza occorreva escogitare una soluzione per rendere omaggio alla Casa sabauda, come da consuetudine. A questo punto quale migliore occasione per palesare il giubilo della comunità alle Reali Altezze se non dimostrando un grande pragmatismo? Insomma, ci si regolò secondo il vecchio adagio: “non fiori ma opere di bene”.

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Fu avviata una sottoscrizione popolare che coinvolse la città e le frazioni: in archivio sono conservati i moduli che riportano i nomi di chi contribuì, il totale del proprio nucleo familiare, la quota versata. C’è inoltre un elenco a parte che raccoglie i nominativi degli operai [qui link: pag. 1pag. 2pag. 3 pag. 4. ] di quella che diverrà la fonderia Bongioanni, all’epoca ancora denominata “Officine Manfredi Bongioanni”.

Sono ben 158 i donatori, e sebbene gli importi fossero esigui… testimoniano lo sforzo economico proprio quando la “Grande depressione” iniziava a farsi sentire pure in Italia.

Le “piccole italiane” negli anni Trenta

In pieno periodo fascista la colonia organizzava due turni di quaranta bambine, uno dal 1 luglio al 10 agosto, l’altro dal 10 agosto al 20 settembre; nel frattempo alle suore domenicane erano subentrate le insegnanti Gentina e Ballatore del Fascio Femminile di Fossano.

Le ragazzine vestivano una divisa fornita dal Patronato, e la tabella dietetica prevedeva: carne, latticini, uova, frutta e cioccolatte. Una dieta meno spartana della colonia alpina per i maschi di cui si è trattato QUI.

La sveglia era alle 07:00; un’ora dopo colazione; il pranzo a mezzogiorno e la cena alle 19:00. Due ore dopo le bambine si coricavano.

Erano previste molteplici attività ricreative e di economia domestica, con l’intento di fornire un’educazione di base alle fanciulle.

Le direttive del Regime imponevano l’adozione del fascio littorio su tutti gli indumenti, nonché l’uso di apposite divise sia per le colonie montane sia per le marine, tanto da viaggio quanto da passeggio. Per evitare d’incorrere in errori fu trasmesso al podestà anche un catalogo esplicativo:

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