Il busto scomparso di Felice Merlo: l’enigma risolto

Oggi mercoledì 9 gennaio su La Stampa è uscito un articolo nel quale si tratteggia la figura del nostro concittadino Felice Merlo.

In premessa l’autore si domanda perplesso:

«sembra che dal piedistallo in marmo sia sparito il busto, e può darsi sia andata così perché della storia di questo manufatto non ho trovato tracce ma mi affido a qualche storico fossanese per saperne di più…».

Il busto non vanta il potere di rendersi invisibile a sua discrezione: proprio non c’è, senza il “sembra”. Non è però sparito nel nulla; neppure ha preso il volo come l’omonimo uccello.

Si trova nell’ufficio di chi adesso scrive queste righe.

Lo sguardo severo, austero e autorevole mi serve da monito, ma la sua collocazione qui non è stata predisposta dall’alto per indurmi a maggior gravitas, bensì per tutelarne l’integrità.

Gli anni davanti al liceo

Molti concittadini e i numerosi studenti che hanno frequentato l’Ancina se lo ricordano ancora collocato laddove il giornalista ha ritrovato il cippo desolatamente vuoto come il sepolcro del Nazzareno.

Addirittura… se un certo o una certa “Nico” – un ignoto autore oppure il destinatario o la destinataria più o meno consapevole di una dedica – mai leggesse queste righe con molta probabilità rinverdirebbe il ricordo di una delle tante bravate a indirizzo del busto.

Incisione su bronzo, autore ignoto, sec. XX.

Lo stesso accadrà a chi pensò bene di adornarlo con gomma americana come sono solite fare le autorità appuntando sul petto degli eroi le medaglie onorifiche.

Per queste ragioni fu rimosso. Si voleva evitare che presto o tardi un bene culturale finisse in balìa di vandali ben più intraprendenti, rischiando di compromettere per sempre l’opera bronzea.

Il sottoscritto lo rinvenne nel magazzino comunale, e nel timore che quanto di dannoso ancora non compiuto da scriteriati avvenisse per incuria o per disattenzione proprio per mano pubblica, lo fece collocare nel suo ufficio, dopo averlo ripulito.

Ora domina serioso l’archivio storico, magari in attesa di una collocazione più consona, liberando l’ambiente da una presenza perfino troppo solenne.

La storia del busto

Nel 1898 l’Amministrazione pensò di tributare al suo concittadino una lapide.

Salvatore Sacerdote, poi sindaco della città, avrebbe stilato il testo partendo da un proprio precedente discorso:

«Felice Merlo, nato nel 1792 da modesta famiglia, seppe col suo ingegno elevarsi ai più alti gradi della scala sociale e la sua morte prematura privò troppo presto la Patria nostra dei suoi eminenti servizi. Offrì splendida prova di quanto possa l’uomo che fortemente vuole: esercitò l’avvocatura in Torino, fu Professore di Leggi in quella università, deputato al Parlamento, Vicepresidente della Camera, Ministro della Pubblica Istruzione e di Grazia e Giustizia; scrittore ed oratore forbito ed eloquente, e soprattutto uomo di carattere, ed ebbe l’equilibrio quasi perfetto dell’onestà, della bontà e della giustizia…».

La lapide fu commissionata ai fratelli Novarese, marmisti fossanesi, a 320 lire, marmo ed epitaffio compresi.

Il 14 dicembre 1898 però la Prefettura non autorizzò la spesa e così l’iniziativa decadde.

Nel 1958 la Fondazione Casa di studi “Federico Sacco” riprese l’intenzione di commemorare il Merlo. Per questo commissionò allo scultore e professore Stefano Vigna il busto in bronzo, fuso nelle Officine Meccaniche Bongioanni; l’Amministrazione comunale invece donerà la stele in verzino di Frabosa, elaborata dalla locale ditta Avagnina.

La cerimonia d’inaugurazione, che includeva anche il decennale della scomparsa del prof. Federico Sacco, fu solennizzata con un discorso del prof. Carlo Baudi di Vesme.

La data 1953 nell’invito è erronea.
La cerimonia si tenne il 6 gennaio 1959.

Un altro busto di Felice Merlo è invece collocato nella galleria al primo piano del Rettorato dell’Università degli Studi di Torino in Via Po, la cui epigrafe fu scritta dal senatore Luigi Cibrario.

Servì come modello per quello cittadino, tratto proprio dal calco del busto torinese.

Galleria, Rettorato dell’Università degli Studi di Torino.
Fotografia del prof. Remigio Menarello,
gentilmente concessa in uso all’archivo storico, 2014.


Per le note di riferimento cliccare il link sottostante:

https://www.historiafoxani.it/wp-content/uploads/2019/01/Nota-di-riferimento-a-F.-Merlo.pdf